Le vicende che, attraverso le gravi convulsioni del baronato isolano, portarono la Sicilia nell’orbita politica dell’ Aragona prima e della Castiglia dopo, segnarono nel volto urbanistico di Siracusa una impronta indelebile, una caratteristica che, insieme a quella più tarda di epoca barocca, connota ancora oggi chiaramente l’aspetto della città.
Durante la prima parte del secolo, l’architettura isolana, tagliato il cordone ombelicale attraverso il quale stavano, già in epoca federiciana, affluendo i motivi della cultura europea, si rinchiude in se medesima, dando vita a un corso architettonico vivo dei riflessi del grande passato normanno- svevo e la cui sostanza sarà data dalle reali condizioni politico-economiche del periodo.
Il veicolo di questa forma culturale, che possiamo convenire di chiamare “chiaramontana”, fu costituito dalle grandi casate baronali che tentarono, senza riuscirvi, di fornire una dimensione politica alla Sicilia e che ovunque, a pegno della propria potenza, si costruirono grandi palazzi, e muniti castelli.
È principalmente nei magnifici palazzi, chiusi e severamente medievali nel primo ordine, aperti in doviziose bifore già prefiguranti al gotico-catalano nel secondo, che questo corso culturale vedrà le proprie più splendide realizzazioni. I Chiaramonte in Ortigia, vicino al suo luogo più importante dal punto di vista urbanistico, si fecero costruire un grande palazzo.
Essendo quello chiaramontano uno stile coerente, un “gusto”, un orientamento stilistico, oltre che ad edificare ex novo, l’attività edilizia fu anche volta a ristrutturare le vecchie costruzioni per uniformarle, in qualche modo, alla “moda” corrente. Nel 1337 venne ristrutturata la chiesa di S. Lucia extra moenia. Si restaurò la chiesa di S. Martino, distruggendo l’originaria copertura, alzando i muri della navata centrale e coprendola con un tetto ligneo a carena di nave rovesciata; la si dotò anche di un nuovo portale.
Si ristrutturò la vecchissima chiesa ricavata nella cella del tempio di Apollo, della quale nulla, al di fuori di tre crocierine, è rimasto, data la distruzione operata dagli spagnoli nel secolo XVI.
Si costruì la chiesa del Carmine (lungo la via Mirabella; rifatta nel secolo XVII, presenta qualche brano delle originali strutture). Si costruì la chiesetta di S. Cristoforo (in via S. Cristoforo, attuale traversa di via Matteotti; rifatta poi in epoca barocca).
Nell’attuale piazza F. Corpaci (lungo la via Maestranza) si eresse la chiesa di S. Francesco (la cui originaria fabbrica trecentesca verrà incorporata nella ricostruzione settecentesca; della chiesa originale restano nel presbiterio due magnifici portali aragonesi) .
Per quello che riguarda le architetture civili, oltre al già ricordato palazzo Chiaramonte, secondo Giuseppe Agnello, sempre nel Trecento sarebbero stati realizzati i palazzi Rizza (in via del Consiglio regionale), Greco (ora sede dell’Istituto del dramma antico, parzialmente occultato da una ricostruzione davanti al prospetto), Nava e Abela. Questa splendida serie di edifici si conclude a Siracusa nella migliore realizzazione della cultura aragonese – chiaramontana cittadina: il palazzo Mergulese, poi Montalto.
Durante l’intero corso del secolo XIV, accanto alla principale corrente che abbiamo convenuto di chiamare “chiaramontana”, dal nome dei potenti baroni siciliani che furono il motore di una spinta edilizia interessante l’intera isola, e che venne materiata nei grandi e stupendi palazzi baronali palermitani (lo Steri, palazzo Sclafani e a Siracusa dal palazzo Mergulese) esistette, già a partire dalla seconda metà del secolo, un’altra corrente d’architettura di più chiara influenza spagnola, che possiamo chiamare aragonese.
Ne furono chiara testimonianza, a Siracusa, i portali della chiesa S. Martino e della chiesa di S. Pietro. Significative strutture di cultura aragonese sono anche leggibili nella bella chiesa di S. Maria dei Miracoli, sempre in Ortigia.
Queste due correnti, come amiamo chiamarle, fra le quali non vi fu mediazione dialettica, ruotanti l’una intorno al grande passato normanno-svevo e l’altra sulla cultura spagnola, saranno presenti, Fra queste due correnti dicotomiche corre una grande differenza. Mentre la cultura chiaramontana crea infatti uno “stile” compiuto, cioè un modo di intendere la costruzione, di decorarla, di inserirla nella città, la seconda corrente si risolse spesso, per una sua strutturale incapacità a proiettarsi in solida architettura, in mera decorazione.
D’altro canto ciò risulta ancora più chiaro se solo si pone mente ai reali poteri economico-politici che stanno a fondamento dei due stili; alle spalle della corrente chiaramontana sta infatti il reale potere di una classe baronale che tentò di ricolonizzare politicamente la Sicilia, mentre a monte della corrente aragonese sta il vacillante potere di una corona che non riuscì ad affermarsi né in senso autonomistico né in senso assolutistico.
Un’ osservazione sempre ritornante per ogni periodo preso in esame riguarda il significato della ripresa edilizia ogni volta interessante non solo la città (Ortigia) ma anche S. Lucia extra moenia e S. Marziano; ed è sempre più chiaro il fatto che un “legame” cucente insieme, in qualche modo, questi due punti con la città vera e propria deve esserci stato; ci rimarrebbe altrimenti del tutto incomprensibile il fenomeno di un sistematico intervento in queste zone, si può dire in ogni secolo, in corrispondenza a lavori relativi a costruzioni realizzate in Ortigia.
Sul cadere del secolo, nel 1398, Siracusa ospitò un Parlamento; ma non si può assumere questo come un segno della ripresa della città.
Parlamenti si ebbero infatti a Caltabellotta o a Mussomeli, senza che il fatto volesse dire alcunché. Ad ogni modo il secolo XIV fu un periodo di generale attività e le sue realizzazioni ancora oggi rimarrebbero una grande componente nel presentarsi urbanistico d’Ortigia se, in specie in epoca barocca, non si fosse sistematicamente ricostruito o distrutto quasi tutto ciò che apparteneva a questo periodo.
Alla fine del Trecento l’intera edilizia di Ortigia era dominata dalla facciata normanna della cattedrale e dai severi palazzi baronali ognuno dei quali ne dominava un rione. Palazzo Rizza, Greco, Nava, Chiaramonte, Mergulese emergevano dall’insieme della bassa edilizia circostante dando a Siracusa un aspetto turrito e medievale, mentre nelle vie e negli affacci sulle piazze le decorazioni aragonesi creavano nuove prospettive ed eleganti ritmi intorno ai rinnovati portali delle antiche chiese cittadine.
Elio Tocco